Serata di racconti - Gennaio 2011




Cari amici, ecco il blog di nuovo in funzione.

Vi metto qui di seguito una prima traccia della serata, con i materiali che per ora mi pare si possano utilizzare. Le parti che non sono di Baliani le ho scritte io e possono essere una traccia per chi porterà quella parte.

Penso che la cosa migliore sarà dividersi le parti, siano esse testo, poesia o racconti, portando coralmente tutto il percorso.

Magari la poesia della pietra si può fare a due voci.

Quando avremo messo tutti i materiali valuteremo la durata. Ovviamente le cose che avevate proposto e che io non ho inserito non sono escluse: il percorso è ancora un work in progress in cui possiamo andare ancora un po' a ruota libera.

Racconti sufi

L'uccello indiano
Un mercante teneva un uccello in gabbia. Dovendo recarsi in India, paese originario dell'uccello, gli chiese se desiderava che gli riportasse qualcosa da quel paese. L'uccello chiese di ottenere la sua libertà, ma il mercante gliela negò. Allora lo pregò di recarsi in una certa giungla dell'India e di annunciare la sua cattività a tutti gli uccelli che vivevano in libertà.
È ciò che fece il mercante, ma aveva appena finito di parlare quando un uccello selvatico, simile in tutto al suo, cadde esangue ai piedi del ramo sul quale era appollaiato.
Il mercante pensò allora che doveva sicuramente trattarsi di un parente prossimo dell'uccello in gabbia, e fu addolorato di aver causato la sua morte.
Quando fu di ritorno, l'uccello gli chiese se portava buone notizie dall'India.
"Ahimè, no", disse il mercante, "temo che le notizie siano brutte! Uno dei tuoi parenti prossimi è stramazzato ai miei piedi quando ho parlato della tua cattività".
Aveva appena pronunciato queste parole, quando l'uccello indiano stramazzò a sua volta nella gabbia. ^ "La notizia della morte del suo parente ha ucciso anche lui", pensò il mercante. Era desolato; lo raccolse e andò a poggiarlo sul davanzale della finestra. All'istante, l'uccello tomo in vita e volò sul ramo più vicino.
"Ora sai", disse l'uccello al mercante, "che ciò che per te era una calamità, per me era una buona notizia. E nota come il messaggio, cioè come comportarmi per riacquistare la mia libertà, mi è stato trasmesso proprio da te, mio carceriere". E volò via, finalmente libero.


Il derviscio che camminava sull'acqua
Un giorno un derviscio dalla mentalità convenzionale, prodotto di un'austera scuola religiosa, stava passeggiando lungo un corso d'acqua, completamente assorto in problemi teologici e morali, perché quella era la forma che l'insegnamento sufi aveva assunto nella comunità cui apparteneva. Per lui la religione emotiva corrispondeva alla ricerca della Verità Suprema.
All'improvviso il filo dei suoi pensieri fu interrotto da un forte grido: qualcuno stava ripetendo l'invocazione derviscia. "Non serve a niente", si disse, “perché quell'uomo pronuncia male le sillabe”. 
Il derviscio ritenne allora che fosse suo dovere - lui che aveva studiato con tanto zelo - correggere quel poveretto che sicuramente non aveva avuto l'opportunità di essere guidato nel modo giusto, e che probabilmente faceva solo del suo meglio per entrare in armonia con l'idea sottesa nei suoni.
Noleggiata una barca, remò in direzione dell'isola donde sembrava provenire la voce.
In una capanna di canne scorse, seduto per terra, un uomo vestito da derviscio che si dondolava al ritmo della ripetizione della formula iniziatica. "Amico mio", gli disse, "la tua pronuncia è sbagliata. Mi incombe dirtelo perché è meritevole dare consigli e altrettanto meritevole accettarli. Ecco come devi pronunciare". E glielo spiegò.
"Grazie", disse l'altro con umiltà.
Il primo derviscio risalì in barca, molto soddisfatto di aver compiuto una buona azione. Dopo tutto, non è detto che colui che riesce a ripetere correttamente la formula sacra possiede anche il potere di camminare sulle acque? Il derviscio non aveva mai visto nessuno compiere un simile prodigio, ma aveva sempre sperato, per qualche ragione, di riuscirci prima o poi.
Dalla capanna non arrivava più alcun suono; tuttavia, era convinto che la lezione aveva dato i suoi frutti.
Fu allora che udì nuovamente dei suoni sgradevoli: l’uomo dell'isola si era messo nuovamente a pronunciare la formula a modo suo ...
Il primo derviscio continuò a remare, meditando sulla perversità degli uomini e sulla loro cocciutaggine nel perseverare nell'errore. 
Quando i suoi occhi scorsero uno strano spettacolo: il derviscio della capanna aveva lasciato la sua isola e stava venendo verso di lui camminando sull'acqua ...
Stupefatto, smise di remare. L'altro lo raggiunse e gli disse: "Fratello, perdonami se ti importuno, ma sono venuto a pregarti di insegnarmi ancora una volta il modo corretto di ripetere l'invocazione. Non riesco a ricordarlo..."

Come la conoscenza fu acquisita
C'era una volta un uomo che decise che aveva bisogno della conoscenza. Partì alla sua ricerca e prese la strada che portava alla dimora di un uomo di conoscenza.
Quando arrivò gli disse: "Sufi, tu sei un uomo saggio! Dammi una parte della tua conoscenza, affinché io possa farla fruttificare e diventare un uomo di valore, perché sento di essere una nullità".
"Posso darti la conoscenza in cambio di qualcosa di cui io stesso ho bisogno. Portami un piccolo tappeto, affinché possa darlo a qualcuno che sarà poi in grado di continuare il nostro santo lavoro".
L'uomo s'incamminò, quindi, e ben presto vide la bottega di un mercante di tappeti: "Dammi un piccolo tappeto", gli disse, "perché devo darlo a un Sufi che mi darà la conoscenza. Egli ha bisogno del tappeto perché deve darlo a qualcuno che sarà poi in grado di continuare il nostro santo lavoro".
D mercante rispose: "Tu mi stai descrivendo lo stadio in cui ti trovi e il lavoro del Sufi, come pure i bisogni di colui che deve usare il tappeto. E io, in tutto questo? Ho bisogno di filo per tessere tappeti! Portamene un po' e ti aiuterò".
L'uomo partì quindi alla ricerca di qualcuno che avrebbe potuto procurargli del filo. Quando arrivò alla capanna dove viveva una filatrice, le disse: "Filatrice, dammi del filo. Ne ho bisogno per darlo al fabbricante di tappeti, che me ne darà uno che darò a un Sufi che lo darà a un uomo che deve proseguire il nostro santo lavoro. In cambio otterrò la conoscenza, oggetto dei miei desideri".
La donna rispose immediatamente: "Tu hai bisogno di filo, e io? Lasciami in pace con tutte queste chiacchiere su di te, il tuo Sufi, il tuo mercante di tappeti e l'uomo che deve avere il tappeto. E io, in tutto questo? Ho bisogno di pelo di capra per fare il filo. Portamene un po' e avrai il tuo filo".
L'uomo si allontanò; strada facendo incontrò un pastore e gli comunicò i suoi bisogni. "E io, in tutto questo?", gli rispose il capraio. "Tu hai bisogno di pelo di capra per comprare la conoscenza; io ho bisogno di capre per darti il pelo. Portami una capra e ti aiuterò".
L'uomo si mise dunque alla ricerca di un mercante di capre. Quando ne ebbe trovato uno gli confidò le sue difficoltà. L'altro esclamò: "Che ne so io della conoscenza, del filo o dei tappeti? Tutto quello che so è" che sembra che ognuno si preoccupi solo dei propri interessi personali. Parliamo piuttosto dei miei bisogni! Se puoi soddisfarli, allora potremo parlare di capre e tu potrai pensare a piacimento alla conoscenza".
"E quali sono i tuoi bisogni?".
"Ho bisogno di un recinto per tenere le mie capre di notte, in modo da evitare che vadano in giro e si perdano nella campagna. Trovamene uno e vedremo allora se posso darti una capra o due".
L'uomo se ne andò dunque alla ricerca di un recinto. Finì per trovare la bottega di un falegname, che gli disse: "Sì, posso costruire un recinto per l'uomo che ne ha bisogno. Quanto al resto, avresti potuto risparmiarmi i dettagli: i tappeti, la conoscenza e altre cose del genere, non m'interessano proprio! Ma ho un desiderio ed è nel tuo interesse aiutarmi a realizzarlo, altrimenti non vedo perché dovrei aiutarti per il tuo recinto!".
"E qual è questo desiderio?".
"Desidero sposarmi, ma sembra che nessuna voglia sposare me. Vedi se puoi trovarmi una sposa, dopo di che parleremo dei tuoi problemi".
L'uomo se ne andò, dunque, e dopo faticose ricerche trovò una donna che gli disse: "Sì, conosco una giovane che non ha altro desiderio che quello di sposare proprio un falegname come quello che mi hai descritto. Infatti, ha pensato a lui per tutta la vita. È un vero miracolo che quest'uomo esista e che lei possa sentirne parlare da te e da me. E io che ci guadagno in tutto questo? Ognuno desidera ciò che desidera e la gente sembra aver bisogno di certe cose, o desiderare certi oggetti, o immaginare di aver bisogno d'aiuto e anche chiederlo veramente, ma nessuno ha ancora detto una parola sui miei bisogni".
"E quali sono i tuoi bisogni?", chiese l'uomo.
"Voglio una cosa sola, che ho desiderato per tutta la vita. Aiutami a ottenerla e ti darò tutto ciò che ho. La cosa che desidero, visto che ho avuto tutto il resto, è ... la conoscenza". "Ma non si può avere la conoscenza senza un tappeto!", protestò l'uomo.
"Non so che cosa sia la conoscenza, ma sono sicura che non è un tappeto".
"No", insistette l'uomo, che capiva di dover essere paziente, "ma se abbiamo una giovane per il falegname, potremo ottenere un recinto per le capre; con il recinto potremo avere pelo di capra per la filatrice; col pelo di capra potremo avere del filo, e col filo il tappeto. Con il tappeto potremo ottenere la conoscenza".
"Mi sembra un mucchio di assurdità. Per quanto mi riguarda, non mi darò tanta pena!".
Malgrado le sue suppliche, la donna lo mandò via.
Tutte queste difficoltà, e la confusione in cui lo misero, lo fecero inizialmente quasi disperare del genere umano. Si chiedeva se sarebbe stato capace di usare la conoscenza quando l'avesse ottenuta e si chiedeva anche perché tutta quella gente pensava solo ai propri interessi. E pian piano cominciò a pensare solo al tappeto.
Un giorno, mentre errava senza meta per le strade di un borgo, parlando a se stesso, un mercante lo sentì e si avvicinò per cogliere meglio il senso delle sue parole.
"C'è bisogno di un tappeto", diceva, "per darlo a un uomo, affinché possa eseguire il nostro santo lavoro". Il mercante vide subito che c'era qualcosa di speciale in quel vagabondo e si rivolse a lui dicendo: "Derviscio errante, non capisco nulla delle tue litanie, ma provo un profondo rispetto per quelli come te che si sono inoltrati sulla Via della Verità. Ti prego, aiutami se vuoi, perché so che la gente della via sufi ha una funzione speciale nella società".
Il vagabondo alzò gli occhi, e leggendo la sofferenza sul volto del mercante gli disse; "Soffro e ho sofferto. È evidente che tu hai dei problemi, ma io non ho nulla; non posso nemmeno procurarmi un po' di filo quando ne ho bisogno. Ma chiedimi quello che vuoi e farò di tutto per aiutarti".
"Sappi, uomo fortunato", rispose il mercante, "che ho un'unica figlia di grande bellezza. È stata colta da una forma di malinconia. Vieni a trovarla; forse sarai capace di guarirla".
La sofferenza dell'uomo era così acuta e la sua speranza così forte, che il vagabondo lo seguì al capezzale della figlia.
Non appena la giovane lo vide, gli disse: "Non so chi sei, ma sento che potresti aiutarmi. Ad ogni modo, chi altro potrebbe? Sono innamorata di un falegname", e pronunciò il nome dell'uomo al quale il viaggiatore aveva chiesto di costruire il recinto per le capre. "Tua figlia vuole sposare un falegname che conosco bene e che è del tutto rispettabile", disse al mercante, che fu al colmo della gioia perché aveva ritenuto che i discorsi fatti da sua figlia riguardo al falegname fossero il sintomo, e non la causa, della sua malattia. Infatti l'aveva creduta pazza.
Il viaggiatore tornò dal falegname, che costruì il recinto per le capre. Il mercante di capre gli regalò alcune delle sue capre più belle; egli le portò al pastore, che gli diede del pelo di capra che egli portò alla filatrice, che gli diede il filo. Poi egli lo portò al fabbricante di tappeti, che gli regalò un piccolo tappeto.
Questo tappeto egli lo portò al Sufi. Quando entrò dal saggio, questi gli disse: "Ora posso darti la conoscenza, perché non avresti potuto portarmi questo tappeto se avessi lavorato per te stesso anziché per il tappeto".